IL BANCONE DELLA MEDICINA

Da tale età, nonostante i miei tanti vizi (carte, schedine, calcio giocato e donne!), con la prematura morte di mio padre ebbe inizio la mia avventura di padre di famiglia (ero il primogenito di ben 6 fratelli!) e, iscritto al quarto anno di medicina, continuai a studiare con i libri aperti sul bancone del negozio di maglieria che conducevo a nervi tesi e con mente sempre più accesa. Mi capitava così di vendere tra una gastrite eruttante e una colite costipante un gilè verdino con un pullover celestino, indi tra una cardiopatia ischemica e una arteriopatia obliterante un “dolce vita” divino di color sfavillante, ma dopo una nevrite lancinante e una neoplasia allucinante mandavo a quel paese con vera tracotanza una malcapitata cliente che, con insistenza, mi richiedeva un completino ciclamino e un sottanino tra il fragolino e il ciliegino! I miei commessi in silenzio forzato (a rischio di sgridate se mi riprendevano!), nel ricordarmi di aver pazienza anche con clienti stressati, mi consigliavano (bontà loro) di prendermi una bella vacanza per scaricare i nervi dopo tante fatiche. Purtroppo la vacanza spensierata non mi spettava, vivendo sempre in continua apprensione, di continuo richiamato, in primis, dalle urgenze encefalopatiche di mia madre a casa in coma epatico e, poi, dalle esigenze monetarie di mio fratello Mario (i direttori di banca con tanta premura mi chiamavano!) a spasso per i casinò d'Italia (Saint Vincent con la sua frequenza attraversò un periodo d'oro!) e di confine, a destra (Montecarlo) e a manca (Portorose). Se mia madre mi sprofondava nel buio dell'incoscienza, con mio fratello incosciente paventavo, invece, di trovarmi puntato, insieme a tutta la famiglia, su un tavolo da gioco per un colpo vincente! Ad onor del vero la prima causa di un fratello tanto giocatore fui proprio io, fratello maggiore di cattivo esempio e mai rinsavito; così, partendo proprio da questo campo, per strani e fatali eventi ho tratto logiche conclusioni che mi hanno segnato e indirizzato la strada, trovando finanche il vero bandolo della matassa divina e su questa luminosa via tanto mi impegnerò e punterò finalmente (era ora!) da giocatore vincente! Con magica coincidenza, poi, un giorno fatale (il genetliaco) ha compiuto il miracolo di farmi risorgere dal buio del coma epatico materno alla luce del coma vitale da estasi contemplativa al cospetto di una dolce Musa che mi ha rigenerato l'anima e, d'incanto, l'ho ritrovata in splendida forma e viva luce. Non me ne voglia, allora, se la definisco mascola (capelli corti alla maschietto), discola (mi metterà il broncio per le dediche), monella (mi manderà a quel paese) ma bella (una volta tanto beati i malati!). Affermare che è una bella donna, vi assicuro, è riduttivo, perché ha gran classe ed è una fuoriclasse! E qui la mente, stanca di ricordare un'immagine sfumata, trova rifugio e conforto in versi dove, mirabilmente, confluiscono (trovando stessa identità!) dolcezza, bellezza, musa e poesia: mostrasi sì piacente a chi la mira che dà per gli occhi una dolcezza al core, che 'ntender no la può chi no la prova e, finalmente, trova un po' di quiete...ma poi mi sovvien la sua imago e il suon di lei: e il naufragar m'è dolce in questo mar incontaminato piacere infinito ed io spero tanto che sia il mio premio divino! A questo punto devo solo ringraziare il buon Dio per il dono di una vita straordinaria, seppur tanto sofferta con il privilegio di una trama di celeste regia: è stata la risultante finanche (solita mia deformazione professionale!) di giochi celesti. E così la scacchiera divina con tanta bontà mi diede in sorte una pedina fondamentale in veste angelica (mio padre Angelo Raffaele), ma poi subito me la soffiò con vera ingratitudine! La roulette divina, invece, gioco improbabile per l'irrazionalità, con tanta ostilità mi diede in sorte prima la follia di una madre encefalopatica (epatopatia trentennale!) e poi la pazzia di un giocatore incosciente (giocarsi 20 milioni di schedine in un concorso totip è troppa follia!), amante della bella vita e gaudente di ogni suo piacere (dalla bella tavola, alle belle donne, alle vacanze da sogno tra svariati giochi!). Da parte mia avevo tentato il colpo sensazionale con ogni tipo di gioco, rifuggendo sempre dalle lotterie nazionali, ma per somma mia sventura (o suprema fortuna!) mi sono ritrovato vincitore della lotteria divina per quel mio miliardesimo (e non miliardario!) numero di serie, che mi costringe, nottetempo, ad alzarmi dal letto per mettere su carta tante belle scritture.
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La Cuccagna Svedese

Dopo tanta bella scrittura, non tutta farina del mio sacco e opera di uno spirito che, nottetempo, mi sveglia, mi pervade e mi illumina, la cuccagna svedese non si riferisce al triplice nobel (pace, poesia e medicina!) a cui il fantasma notturno aspira (esaltando ancor di più la mia innata mania di vanagloria), ma all'allunaggio svedese che feci in compagnia di due amici, proprio a pochi giorni di distanza dalla conquista lunare.
 
E così, mentre Aldrin, Collins ed Armstrong mettevano piede sul suolo lunare, parimenti, con un'impresa pionieristica, tre napoletani sbarcavano sul suolo svedese con la mitica 500, stipati in essa insieme ai bagagli. Correvano i tempi "dell'acchiappanza" e noi italiani, in primis napoletani e romani (ce li mangiavamo alla matriciana!), da imberbi latin lover facevamo strage di cuori (pollanche nordiche) lungo la costiera adriatica. Dopo Rimini, Riccione ed Abbazia (Opatja ex Jugoslavia), quell'anno con l'intento di sorprendere le deliziose svedesi, proprio in casa loro, proposi quest'impresa al mio compagno d'armi Lorenzo (spietato donnaiolo) e a mio cugino Antonio, non ancora diciottenne, assoldato soltanto allo scopo di far quadrare i conti del viaggio.
   
Io e Lorenzo con le donne eravamo un'accoppiata vincente e se Lorenzo, non certo bello a vedere, era solo tanto intraprendente, a me bastava appena uno sguardo clandestino che, occhiata assassina, già me le prostrava ai piè e dall'incanto dei miei occhi cerulei, così rassicuranti, all'istante le donne sognavano il paradiso! L'unico vero handicap erano i miei lunghi preamboli romantici, spesso accompagnati da scrupoli di coscienza, mentre il mio amico passava subito al sodo. A me piaceva salvaguardare anche l'amicizia, mentre Lorenzo già da un brandello di gonnella avrebbe disconosciuto i fratelli, mentre per un lembo di sottana (sorvolo sulla rima da marciapiede) avrebbe rinnegato finanche la madre.
Proprio a tal proposito mi sovviene l'emblematico episodio della cena offerta a casa mia a un caro amico e alla sua affascinante fidanzata che, il giorno dopo, con la scusa di complimentarsi per la cena e per la mia famiglia, era già sulle mie tracce per tutt'altra intesa! Fui preso allora dal solito conflitto interiore tra la mente (Mai Quello) che già fantasticava avventure (era una donna davvero molto bella) e la solita coscienza (Maiello) che fermamente me lo vietava, anzi mi suggeriva di fare qualcosa per il povero collega che stravedeva per la fidanzata, prossima sua sposa. Per sottrarmi alle avances di quella bella donna trovai una scusa puerile con magra figura e feci in modo che fosse lei a liquidare il mio povero amico prossimo alle nozze. Senza alcun rimorso preferisco sempre un'amicizia in più e un'avventura galante in meno, anche se non tutti la pensano come me a partire dal mio amico Lorenzo che, proprio in quel viaggio, me ne combinò davvero tante.
   
Ritornando alla nostra avventura, correva l'agosto del 1969 e proprio con l'intento di emulare l'impresa dei conquistatori lunari, ci imbarcammo spavaldi in 500 alla conquista della mitica Svezia, terra delle affascinanti vichinghe verso le quali avevo solo il complesso del fisico scadente. Il povero Antonio, già alla prima tappa a Lugano, si vide depositare in un bar ai piedi del monte Brè, sulle cui pendici salimmo insieme a due belle ragazze appena conosciute in campeggio. In buona compagnia e con l'aria pura che lassù tirava perdemmo la cognizione del tempo e solo a tarda ora ci ricordammo del nostro povero amico che, con il bar chiuso da tempo, sostava lì nei pressi infreddolito per la pioggia battente e quasi piangente! Si era deciso che uno di noi tre, a turno, rimaneva fuori della macchina, ma il fatto non previsto fu che il conquistatore ero sempre io, per cui il turno riguardava solo loro due, a prescindere dal fatto che la macchina era anche mia.
Lungo tutto il percorso ci fu vera strage di cuori e ovunque (campeggi e ostelli) lasciammo l'indelebile marchio di latin lover con la simpatia dei napoletani doc.
Una volta approdati in Svezia, scegliemmo come sede operativa un bel campeggio a circa trenta chilometri da Stoccolma, dove facevamo la spesa in supermercati incustoditi e il mio spregiudicato amico senza spendere una lira mandò auguri infiniti! Io gli rendevo pariglia solo per arroganza mentale o meglio culturale (lo zittivo sempre al grido di taci ignorante) al punto che, convinto di conoscere a memoria la cartina geografica dell'Europa, non gliela feci mai consultare e sulle mie errate convinzioni raggiungemmo la Svezia dopo una allucinante traversata (Frederikshavn-Goteborg) nei tempestosi mari del nord (ci venne il voltastomaco con tanti a vomitare!), quando la Svezia e la Danimarca quasi si toccano tra Helsingborg ed Helsingor! Sistemati, comunque, in campeggio alla periferia di Stoccolma, durante l'arco della giornata io e Lorenzo (Antonio capita l'antifona si era defilato) facevamo spola continua tra il camping e la capitale in compagnia di deliziose svedesi che, per esuberanza fisica, inscatolavamo a mò di gustose sardine nella piccola 500. Si viaggiava, pertanto, intrecciati sui sedili anteriori e sommersi su quelli posteriori, con la testa confusa tra inebrianti bellezze naturali, rilievi e depressioni, tra loro in armonia con la melodia del grande Peppino in sottofondo musicale. Quando ero io alla guida, la strada la percorrevo ad intuito, indirizzato da Lorenzo più vigile e più concreto di me con le donne e, a tal proposito, vi racconto cosa mi combinò!
   
Eravamo da poco entrati in un locale notturno di Stoccolma e Lorenzo, preso subito dalle grazie di una svedese appena conosciuta, venne a chiedermi le chiavi della macchina per recarsi in campeggio al coperto della tenda, assicurandomi che sarebbe venuto a riprendermi più tardi alla chiusura del locale, visto che io mi dibattevo con una forsennata danzatrice, una isterica vichinga finlandese! In fin dei conti fui solo tanto sfortunato, perché il mio caro Lorenzo con la bella svedese si stancò al punto da prendere sonno profondo, altamente fregandosene dell'amico a Stoccolma. Mi ritrovai, pertanto, alla chiusura del locale, stanco morto nelle grinfie di questa pazza che, anche urlatrice, con strilli assordanti reclamava la sua borsetta lasciata in macchina, prendendomi finanche per ladro da buon napoletano! Rischiai davvero il linciaggio dei suoi amici finlandesi, ubriachi fradici e me la cavai solo per l'arrivo della forza pubblica; anche in questura, però, si metteva male, perché non conoscevo il nome del campeggio, né dove era ubicato, ma pressapoco solo la sua distanza dalla capitale. Per la stanchezza e per quella diabolica presenza (la vichinga aveva occhi di fuoco!) anelavo ormai a una cella carceraria, quando fui salvato dal provvidenziale arrivo di un postino angelico che, dalla mia descrizione, intuì il campeggio, dove finanche mi accompagnò recuperando la borsetta a quella donna satanica. Al caro Lorenzo che beato dormiva nella canadese coperto dalla svedese gliela avrei anche perdonata, ma una ironica parolina in più (mi sono dimenticato il lattante a Stoccolma!) gli costò una lattina stracolma di coca cola in pieno viso. Dovette accorrere poi l'intero campeggio (svegliato da tante urla) per sottrarmelo dalle mani.
   
Questa bella avventura svedese l'ho voluta riportare per evidenziare, soprattutto, il divario culturale esistente in quel lontano 1969 tra la civile Svezia con libertà sessuale e la bigotta Italia (esagerato moralismo con cattivi pensieri finanche da confessare!), tant'è che portammo clandestinamente in Italia "je t'aime, moi non plus"! Venendo ai tempi correnti questo gap è stato ampiamente colmato dalla dilagante decadenza morale dei nostri tempi e, poiché con il sesso ci giochiamo l'avvenire del mondo e dei nostri figli, vale la pena approfondirlo e insegnarlo correttamente (bisogna mediare la libertà sessuale e il bigottismo esagerato) a scuola in tema di "educazione morale", nuova disciplina da inculcare in famiglia con l'esempio dei genitori e da corroborare con la religione dell'amore e la lingua della pace in ogni angolo della terra da veri fratelli e da figli dello stesso Padre. In virtù di tanto, in tempi brevi, acquisiremo la corretta sessualità e addiverremo all'"ebbrezza sentimentale" (altro che orgasmo e sfogo carnale!), quel sublime piacere dello spirito (alla larga da fumi, alcol e pasticche) che contempla e compenetra la carne, inebriante atto generativo che tramanderà la nostra specie in ossequio allo strabiliante atto creativo.
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