Dopo sogni e follie per mentali peripezie fu anche filosofia e, illuminato da una fantastica triade filosofica (di maestro in allievo), mi ritrovai con Socrate (l'ostetrico della verità), Platone (l’inventore degli amori) ed Aristotele (la mente eccelsa) sui sentieri dell'anima.
Con lucida fantasia la identificai in un fantomatico sistema spirituale, splendida essenza vitale che invade, impregna e pervade la nostra materia a formare l'umana sostanza (strabiliante miscela spirito-materia) ed a confezionarci, in tal modo, un mirabile abito interiore nella veste di candido lenzuolo con le sembianze di un vero e proprio fantasma corporale, ben visibile dall'alto e nelle mire della Provvidenza divina.
L'elemento primordiale di questo sistema è la cellula spirituale con la mente (pensiero) a far da membrana esterna, l'amore da citoplasma e la coscienza, infine, a costituire il nucleo centrale.
Proprio questi potrebbero essere, anzi certamente lo sono, i connotati di quella famigerata anima immortale (sistema spirituale con la sua folta schiera di cellule luminose), da sempre ricercata, la cui principale e straripante essenza è, senza ombra di dubbio, l'amore nella sua doppia funzione di citoplasma cellulare e messaggero del sistema spirituale (proprio in analogia con i neurotrasmettitori del sistema nervoso), rappresentando così l'alimento principale della vita terrena (esisto/pensiero per amare/amore veramente/luce della coscienza) e l'elemento indispensabile per la vita eterna (amo e sempre sarò).
Continuando poi il percorso filosofico, con Cartesio, Kant ed Hegel, terna filosofica dell'era moderna, mi è venuta l'altra lucida fantasia che mi ha portato a ben definire la scala della conoscenza finanche in tutti i suoi cinque gradi: 1-cogito cartesiano, 2-ragione, 3-intelletto, 4-sapienza e 5-contemplazione.
Adesso sospinto da queste nuove conquiste, in veste di peccatore incallito, sono alla solita, sempre più convinta scrittura sull'anima per acquisire la completa catarsi, in modo da poter accedere alla luce della verità e godermi così la sua visione contemplativa: la contemplazione, infatti, rappresenta il quinto ed ultimo grado della conoscenza!
Tempo addietro iniziai questa mia impresa di purificazione con “Il pilota dell'anima”, scrittura sofferta, di poi con “Striptease dell'anima” la scrittura divenne emozionante, per farsi anche ispirata con “Le fantasie dell'anima” e, infine, ”La luce dell'anima” ha il pregio di idee illuminate ed illuminanti.
Questi miei quattro componimenti sono delle vere tappe sulla strada del mio completo rinsavimento e, di certo, sono in rapporto all'acquisizione sequenziale dei gradi della conoscenza.
Nel “pilota”, infatti, a farla da padrone è il pensiero cartesiano (c'è tanto di Parmenide con “lo stesso è pensare ed essere”) che, tra tanti suoi dubbi, arriva alla certezza della propria sofferta esistenza e, per dirla in modo chiaro con Schopenhauer, “la vita è un pendolo che oscilla tra il dolore e la noia, passando per l'intervallo fugace ed illusorio del piacere e della gioia.”
In “striptease”, invece, domina la ragione che interpreta e prende possesso della realtà tangibile, espressione del mondo fenomenico di Kant, dove illusioni (per Einstein la realtà è un'illusione persistente) e parvenze stanno a coprire (velo di Maya o macula oculare) la realtà del mondo noumenico.
Passando poi alle “fantasie”, queste rappresentano la vetrina dell'intelletto e, ricorrendo ancora alla filosofia, siamo nell'iperuranio del mitico Platone, nel mondo delle idee e degli ideali, laddove il bene si identifica con il bello (l'antica kalokagathia ellenica con l'ideale della perfezione umana, punto di confluenza, fusione ed identità di etica ed estetica), assumendo così la splendida veste di amore universale, candida luce e splendida energia primordiale che determina e contiene la vita.
Ne “La luce dell'anima”, infine, con la speranza del dono della sapienza si ha finanche sentore dell'universo spirituale che ci contiene e ci circonda, e per accedere alla sua visione basta solo disappannare la macula oculare (l'equivalente anatomico del velo di Maya) dell'umana presunzione oppure ricorrere alla “Fenomenologia dello spirito” di Hegel: il filosofo più oscuro e presuntuoso della storia! In questo libro, infatti, c'è addirittura la storia romanzata della coscienza che, attraverso l'autocoscienza e la ragione (s'a piglian e fess), si riconosce come spirito. Ma le sue vacche nere, l'identificazione del finito con l'infinito, il suo “tutto ciò che è reale è razionale e viceversa” (tralasciando intelletto e sapienza) ci possono solo confondere le idee o mandarci al manicomio, come giustamente asseriva Schopenauer, suo nemico dichiarato.
L'uomo nella sua continua evoluzione psico-fisica (il panta rei/il divenire di Eraclito), magico impasto tra spirito e materia, tra cosa invisibile e visibile, tra essenza e sostanza, tra res cogitans e res extensa, rappresenta, di certo, la barriera tra mondo fenomenico e noumenico, dove la cosa in sé, la vera radice (la natura ama nascondersi/Eraclito), il principio delle cose, a parte la volontà del poliedrico Schopenauer, è certamente l'amore (l'Essere immutabile di Parmenide) per cui “tutto ciò che èvita è amore e dove c'è amore c'è vita” (Maiello).
Molto più verosimilmente possiamo, quindi, identificare il reale con l'amore e non più il reale con l'ideale (Schelling) o il reale con il razionale (Hegel). E l'umanità, in virtù del suo spirito (seppur contaminato dalla materia), sicuramente rappresenta una parte infinitesimale della realtà assoluta, infinita, alla cui immacolata luce può accedere solo attraverso la porta della coscienza (luminoso ed illuminato crocevia tra mondo sensibile e mondo spirituale) che, da nodo di un fantomatico cordone spirituale (quello ombelicale attesta la nostra maternità), certifica la nostra primaria e certa paternità e mantiene la nostra anima saldamente legata all'universo della luce.
E' ovvio che la coscienza non va mai completamente annerita, perché ciò comporterebbe la irrevocabile recisione del cordone spirituale con conseguente abbandono della nostra anima al buio e al gelo della materia per l'eternità.
In ultima analisi l'uomo, frontiera vitale tra mondo visibile ed invisibile, in riferimento al corpo (la forma della materia), prigioniero dello spazio e succube del tempo, è espressione del finito e, quindi, mortale, mentre in riferimento all'anima (il fantasma della materia), entità spirituale libera da vincoli spaziali e temporali, è espressione dell'infinito e, pertanto, immortale.