scrittura e poesia
Nel rinvenire alla vita
mi diagnosticai una falla
che, tra pensieri folli,
la mente mi spegnea.
Fu con estremo sforzo
di ciò che mi restava,
dopo immani tentativi,
di colpo la tappai.
Non era altro che
l’amara epatopatia
di familiar riscontro,
d’emblée riconosciuta,
che tanti e tanti danni
a me avea arrecato.
Per la sua etiologia
non altro vi trovai,
sono le “amorevolezze”
a queste alfi n pensai.
Son quelle cose che
s’ingurgitano per sommo amore,
ma poi, quando troppe sono,
il mal ti vai a cercare
con questo inglorioso termine
di tal epatopatia,
che può significar niente
o grave mal celar.
Ma io cosciente e dotto
in breve la combatto,
lo si vedrà il più forte!
Perfida ingannatrice,
mi cambi pur di sembianze,
da iena dissanguatrice
mi passi a mo’ di talpa
e scavi, scavi, scavi
tentando scacco matto
con i tuoi paladini della glissoniana.
Tu, prima mia corazza,
sostegno in ferratura
della primiera struttura,
che fai, mi ti rivolti
con aggressor impavidi,
ma resta nei tuoi limiti,
non sconfinar
nella limitante sacra,
che, ahimè, perso questo presidio,
la pugna è ormai fatta.
Di voi protettori epatici
è meglio non parlare,
ché, in caso di battaglia,
il vostro posto so.
Passivi e da lontano,
miei cari vil codardi,
se mai il sisma fosse,
le spalle voi dareste
ai pochi sopravvissuti
dello scempio letal.